Senna: l'anima vincente
- pitwallstories
- 9 ago 2024
- Tempo di lettura: 4 min
1994-2024: trent’anni ci separano dal quel fatidico incidente. Si è soliti pensare che il tempo sia il miglior alleato del dolore, ma spesso si tralascia il fatto che alcune persone hanno lasciato un’impronta troppo grande per poter essere dimenticate: questo è sicuramente il caso di Ayrton Senna, “Magic”, l’eternamente giovane, l’ anima vincente.
Ayrton Senna da Silva: San Paolo 1960 - Bologna 1994, i confini di una vita intera destinata al brivido che solo una monoposto può dare. Lo sapeva bene Senna, tre volte campione del mondo con la Mclaren (nel 1988, 1990 e 1991), vincitore di 41 Gran Premi (che fanno di lui il sesto pilota più vincente della storia della Formula 1) e tuttora detentore del record di vittorie sulla pista di Monte Carlo (sei). Come ogni appassionato di sport sa, tuttavia, i numeri non sono abbastanza per spiegare cosa significhi entrare nella storia e nel cuore di milioni di persone: non basta battere record su record, essere sulla prima pagina delle maggiori testate sportive e firmare i contratti più prestigiosi. Un Campione è qualcosa di più grande: è colui che rimane nel tempo. Ayrton, purtroppo, di tempo ne ha avuto poco: la sua vita è stata stroncata il 1 maggio 1994, all’età di 34 anni, a causa delle ferite riportate durante il Gran Premio di San Marino, disputato sul circuito di Imola.

La bellezza di questo sport a volte ci fa dimenticare dei rischi che comporta. Le visiere vengono abbassate, le monoposto si sistemano in griglia, i semafori si spengono: sono questi i momenti che precedono lo spettacolo che tutti conosciamo e amiamo, ma che a volte è così crudele che nemmeno uno come Ayrton Senna poté sfuggire al suo destino. Ci si potrebbe chiedere qual è il senso di tutto questo. Senna rispondeva così:
«Correre, competere, è nel mio sangue. Fa parte di me, fa parte della mia vita. L'ho fatto per tutta la vita e spicca su tutto il resto»
Senna si cimentò per la prima volta con le corse automobilistiche all’età di tredici anni, nel 1973, quando iniziò a gareggiare con i kart. I primi test in Formula 1 arrivarono dieci anni dopo ma esordì ufficialmente solo nel Gran Premio del Brasile del 1984, sulla monoposto della scuderia britannica Toleman. Altri tre team avranno la fortuna di ingaggiare il pilota brasiliano: la Lotus, la Mclaren e la Williams. È in Mclaren che Senna conobbe i maggiori successi della sua carriera, grazie alla superiorità della famosissima MP4/4: monoposto che Ayrton dovette però condividere con il suo compagno di squadra, “il professore”, Alain Prost, dando vita ad una delle rivalità più celebri del mondo dello sport.
Il Gran Premio di San Marino del 1989 rappresentò la vera svolta nel rapporto tra i due piloti: la sospensione della gara in seguito all’incidente di Berger (Ferrari) comportò una seconda partenza; Prost sembrò avere inizialmente la meglio, portandosi in testa, ma Senna lo sorpassò non rispettando un accordo preso prima del via (prevedeva che i due non si sarebbero attaccati nei primi giri). Senna vinse, Prost arrivò secondo. Da allora la battaglia tra i due si accese, in pista, ma anche fuori. Nel corso di quella stagione, lo scontro per il titolo giunse al momento di maggiore tensione nel Gran Premio di Suzuka, durante il quale un tentativo di sorpasso di Senna provocò un incidente con il compagno di squadra: il francese era ormai matematicamente campione del mondo, per la terza volta nella sua carriera.
Suzuka fu una tappa fissa nella rivalità tra i due: nel 1990 Senna mise nuovamente fuori pista Prost, ora in Ferrari, e, un anno dopo, ammise persino di aver volontariamente provocato l’incidente per vendicarsi del torto subito nella precedente stagione. Storica è la sua dichiarazione:
«Le corse sono fatte così, certe volte finiscono alla prima curva, certe volte finiscono a sei giri dalla fine…»

Una profonda rivalità conduce, nella maggior parte dei casi, anche ad una dose di rispetto reciproco: d’altronde solo tra due “pari” è possibile innescare una lotta tanto entusiasmante quanto competitiva. Lo capirono gli stessi Senna e Prost che, con il passare degli anni, impararono a rispettarsi riconoscendo il reciproco talento. Senna dichiarò:
«Lui con me è umanamente incompatibile, ma non riesco ad immaginare la mia carriera senza lo stimolo rappresentato da Alain»

Alain Prost e Ayrton Senna: simili o opposti? La verità è che è incredibilmente difficile pensare all’uno senza ricorrere all’altro: la loro è una coppia di opposti “complementari”, uno di quei casi in cui si ricorre al caso o al destino per spiegare come due piloti così sopraffini abbiano potuto condividere la stessa epoca, gli stessi circuiti, persino la medesima macchina. Qualunque sia la risposta, siamo stati sicuramente fortunati ad esserne spettatori.
Chiunque si affacci nel mondo del motorsport sa quanto la figura di Senna sia importante: la sua è un’eredità immensa, di cui siamo tutti custodi. I primi a farne tesoro sono gli stessi piloti, che “prendono la scia” dei grandi del passato, sperando di riuscire ad eguagliarli o persino superarli. È questo il sogno di tanti giovani, sin da quando solcano le piste con i primi kart: leggere il proprio nome vicino a quello di coloro che hanno fatto la storia.
È quello che ha vissuto Lewis Hamilton nel 2017, precisamente nel Gran Premio del Canada: dopo aver eguagliato il numero di pole position di Ayrton Senna, viene omaggiato dalla famiglia del pilota brasiliano con il casco che quest’ultimo indossava nel 1987. Impossibile trattenere le lacrime: sicuramente non può farlo Lewis, che alza orgoglioso il cimelio verso gli spettatori, come se fosse un trofeo ottenuto alla fine di una gara lunga e faticosa. «L’onore più grande che possa esistere» annuncia Hamilton ai microfoni perché, per uno che è cresciuto sognando di diventare campione del mondo di Formula 1, questo è un momento indimenticabile.

Purtroppo i due non si sono mai conosciuti e Senna non ha potuto congratularsi personalmente. Ma tra campioni ci si riconosce e questo Ayrton lo sapeva: i record esistono per essere superati, e che sia stato Lewis Hamilton a farlo può solo che rendere orgogliosi.
Scritto da Emma